Dimmi come va a finire

Dimmi come va a finire

Un libro in quaranta domande

Valeria Luiselli

Per quale motivo sei venuto negli Stati Uniti?”. Questa è la prima di quaranta domande che Valeria Luiselli pone ai bambini che varcano le porte del tribunale di New York alla ricerca di un permesso di soggiorno. Nel 2015 l’autrice, impressionata dall’ondata di minorenni soli e privi di documenti arrivati alla frontiera, capisce che non è più il momento di restare a guardare e decide di fare qualcosa. Inizia così a collaborare come interprete volontaria con un’associazione di avvocati che assiste i minori e si batte contro la loro espulsione. Il risultato di quell’esperienza è racchiuso in queste pagine, in cui le domande poste ai bambini servono da spunto per gli interrogativi che la stessa autrice si pone sulla natura dei legami familiari, sull’infanzia, la comunità e soprattutto sull’identità e il senso d’appartenenza. Senza fornire risposte preconfezionate, Dimmi come va a finire è un invito all’azione, è una lettura che scuote la coscienza e ci mostra come sia possibile “trasformare il capitale emotivo – la rabbia, la tristezza, la frustrazione generate da particolari circostanze sociali – in capitale politico
Valeria Luiselli (Città del Messico, 1983) è autrice di due romanzi, Volti nella folla e La storia dei miei denti e dei saggi Carte False e Dimmi come va a finire, tutti pubblicati da La Nuova Frontiera. Collabora abitualmente con numerosi giornali e riviste di lingua spagnola e inglese tra cui The New York Times, The New Yorker, Granta, The Guardian, El País e McSweeney’s. Le sue opere, tradotte in più di venti lingue, hanno vinto importanti riconoscimenti internazionali come il Los Angeles Times Book Prize e l’American Book Award. Valeria Luiselli è stata due volte finalista del National Book Critics Circle Award e del Kirkus Prize. Attualmente vive a New York.

Recensioni

Mattia Cacciari

Già leggendo le opinioni dei librai, riportate a inizio libro, avevo capito che la lettura mi avrebbe colpito, dato molto da riflettere e in un certo senso cambiato, non mi sbagliavo… Fin dalla prima domanda sono rimasto colpito da una frase:” Chiedere il permesso di vivere in un paese che non è il tuo.” Io credo che sia una cosa assurda il fatto che è così difficile. Penso che siamo tutti diversi ma uniti nelle nostre diversità, che quindi siamo tutti cittadini del mondo (frase che credo di aver sentito in un discorso della Ted) e dovrebbe essere facile e non umiliante andare a vivere in un altro stato e diventare a tutti gli effetti cittadini di un nuovo stato.

Mi hanno impressionato molto tutte le storie che sono riportate, è incredibile pensare che differenze ci sono tra come vivono persone che abitano in parti diverse del mondo. Viviamo in un mondo dove c’è chi vive 100 o 1000 volte meglio di tutti gli altri e chi vive incredibilmente peggio, e con il passare del tempo i poveri diventano sempre più poveri, mentre i ricchi si arricchiscono sempre di più.

Sinceramente prima della lettura di questo libro non conoscevo bene il problema dell’immigrazione dal Messico agli Statti Uniti e leggendo questo libro mi sono molto sensibilizzato a riguardo. Mi hanno colpito molto sia tutta la situazione e le difficoltà nell’arrivare negli Stati Uniti che la burocrazia statunitense.

Mi ha fatto riflettere soprattutto la parte finale del libro, durante la quale la scrittrice si reca a tenere un corso sugli argomenti del libro. Uno dei suoi studenti era inizialmente disinteressato riguardo l’argomento, ma poi dopo quasi un semestre lui, con anche gli altri studenti, si interessano così tanto alla causa da organizzare un’associazione per la tutela dei minori arrivati dal Messico.

Nel complesso il libro mi è piaciuto, anche se in alcuni punti la lettura è stata un po’ faticosa; non lo consiglierei agli amanti dell’avventura, ma se si ricerca un testo divulgativo allora questo libro è perfetto.


Arianna Brunetti

Tra tutti i dodici libri della lista di “Lettori Superiori”, Dimmi come va a finire è stato quello che fin dall’inizio ho avuto più voglia di leggere.

Forse perché non sono una grande fan dei romanzi o dei fantasy, la storia di Valeria Luiselli e di tutti i bambini latinoamericani dei quali narra mi è subito saltata agli occhi. Devo ammettere che il mio istinto non si sbagliava, è stata veramente una bella lettura, educativa e informativa senza essere assolutamente noiosa. Mi è piaciuta molto l’idea di scrivere il libro in quaranta domande, le quaranta domande che vengono poste ai minori non accompagnati che varcano le porte del tribunale di immigrazione di New York, fatte per mettere su carta la loro situazione, nell’attesa e la speranza che un avvocato deciderà di farne un caso giudiziario. La descrizione di tutte le storie di questi bambini che attraversano il confine Messico-Stati Uniti in condizioni disumane, trattati in maniera ancora più disumana nel territorio statunitense, sensibilizza chiunque legga il libro su questa situazione che va avanti da anni, senza addolcirla, così come è.

Io personalmente non conoscevo i dettagli di quello che accade in quel confine così lontano da noi, ma ho riconosciuto nell’indifferenza e la cattiveria di molti americani quella che molti italiani ed europei hanno nei confronti degli immigrati africani, che attraversano il mediterraneo in condizioni molto simili a quelle oltreoceano. Mi ritrovo molto nelle parole con cui Giorgio Gizzi ha commentato questo libro: “Fai attenzione caro lettore, perché questo libro è un ‘pugno’ che non puoi schivare. Non potrai più dire ‘non lo sapevo’”. Infatti dopo questa lettura il mio interesse verso questo argomento è aumentato moltissimo, adesso non posso ignorarlo, non posso più dire “non lo sapevo”.


Daniela Lucatuorto

40 domande e soprattutto le sue 40 risposte sono sufficienti per far aprire gli occhi su questa nostra odierna realtà, per capire la verità dei fatti, semplicemente il modo giusto per farsi altrettante domande, riflettere su sè stessi e prender posto in questo mondo. Da che parte gira la ruota in questa misteriosa vita? 40 domande sono quelle fatte a innocenti e spaesati bambini i cui occhi sono pieni di delusione provocatagli dal mondo, ma allo stesso tempo vuoti, col passato ricorrente, parallelo ai giorni che vivono, che li tormenta come fosse un’ombra. Col cuore pieno di sofferenza e uno sguardo molto più maturo di quello che ci potremmo mai aspettare, con ferite e cicatrici a volte concrete a volte invisibili che si portano dietro da sempre, ma tutti quanti alla disperata ricerca di speranza che li spinge a fare cose impensabili che potrebbero costar loro la vita, pensa, la stessa per la quale scappano. Trovo che questo libro sia particolarmente interessante e importante. Devo ammettere che ci sono stati momenti in cui sentivo che diventava davvero pesante, nel senso di complesso da seguire, ma allo stesso tempo trovo sia altrettanto importante metterci un po’ di “testa”, giusto quella necessaria per la comprensione. Perché al di là della semplice lettura c’è ben altro, ci sono storie vere di vite reali, ci sono pensieri, riflessioni, ma anche tante di quelle cose che fanno riflettere persino sulla persona che sei, le peggiori, alle quali è quasi impossibile credere. E questo deve essere secondo me come uno stimolo per tutti quanti per cambiare qualcosa, o quanto meno un pensiero. Questo libro mi ha fatto pensare davvero tanto, a tante cose, e tra quelle cose c’è una frase particolarmente interessante: “I bambini inseguono la vita anche se quell’inseguimento può significare la morte. I bambini corrono e scappano. Forse è grazie al loro istinto di sopravvivenza che sono in grado di sopportare quasi tutto pur di arrivare dall’altra parte dell’orrore, qualunque cosa li aspetti lì”. Credo che non ci sia altro da aggiungere, e che se dovessi scegliere una sola parte in tutto il libro sceglierei questa senza alcun dubbio, perché è l’unica per me che racchiude così tanti concetti in così poche righe. In conclusione mi sento di dire che è davvero uno splendido libro che SERVE a tutti, utile per fondare un pensiero indipendente da quello della massa. Adatto a chiunque abbia voglia di cimentarsi in un racconto dalle note dolenti. Ma alla fine come va a finire?


Pletro Travaglini

Questo libro si nasconde dietro a quaranta domande per raccontare la storia di quelle persone, di quei ragazzi e di quei bambini che ogni giorno decidono di passare la frontiera tra Messico e Stati Uniti, per raggiungere una nuova vita o anche solo una situazione migliore rispetto a quella in cui il loro paese d’origine riversa. Dico che si “nasconde” perché non è una narrazione esplicita di queste storie ma va a presentare le situazioni tipiche nelle quali un immigrato minorenne si ritrova dietro l’esame di queste 40 domande, che vengono poste ai migranti che non hanno ancora raggiunto la maggiore età per poter ricostruire la loro storia e per riuscire a fornire una difesa in tribunale per ottenere l’asilo politico.

È un libro duro, che affronta la realtà senza mezzi termini. Ti espone fin da subito al problema che si cela dietro ad un sistema democratico mal funzionante e vecchio. Le storie dei minori che varcano i confini sono purtroppo vere e anche più tristi e dolorose di quelle che sentiamo nel libro, perché la violenza delle gang (che viene accuratamente descritta nel libro) è spietata e non ha limiti o confini, soprattutto per chi viene da paesi nei quali la realtà delle bande criminali è cosa di tutti i giorni.

Il libro mi è piaciuto molto sia per la scrittura accurata che per il ritmo della narrazione incalzante, ho apprezzato soprattutto l’alternarsi delle 40 domande alle storie di vita dei minori come quella di Manuel o delle due sorelline, che rimangono, anche se contrapposte ai quaranta quesiti, strettamente legate ad essi poiché vanno ad arricchire le risposte che la maggior parte dei migranti fornisce, facendo immedesimare il lettore nel personaggio o nella storia. Anche le descrizioni dei luoghi e delle situazioni sono molto dettagliate ed immersive.


Arianna Ropotan

“Dimmi come va a finire “ è un libro interessante perché qua la scrittrice parla degli Stati Uniti e della circolazione di minori non accompagnati provenienti dall’America Centrale , ma si tratta di un paese europeo a gestire dei flussi migratori provenienti anche dal Mediterraneo . La scrittrice va a emergere la conoscenza di come trasformare la ricchezza emotiva come ad esempio la rabbia , la tristezza e in particolare la frustrazione delle circostanze politiche. Penso che sia veramente un libro interessante anche perché questo libro lo abbiamo letto in classe e quindi direi che potrebbe essere consigliabile.


Aurora Brandi

Il libro “ dimmi come va a finire”, mi  ha colpito molto rispetto ad altri libri che ho letto, ma allo stesso tempo ho provato vergogna, disgusto nei confronti dell’essere umano;
Questo libro mi ha fatto immaginare molte cose ad esempio ho immaginato di essere una bambina del Messico  che doveva scappare dalla città da cui proveniva e affrontare un viaggio molto lungo per poi avere un futuro migliore, perlomeno ricominciare a vivere.
La parte che mi ha sconvolto è stata quando in America gli  stranieri li chiamavano alieni, solo perché non avevano la cittadinanza statunitense oppure nella parte dove i soldati americani rimandano indietro i bambini da dove sono provenuti e in  regalo li davano un palloncino rosso per giocare.
Io trovo ingiusto che i cittadini degli stati uniti sono allo scuro di quello che accade ai bambini che scappano dal loro paese per salvarsi o ancora peggio quei cittadini che sanno quello che accade ma fanno finta di niente e ignorano la realtà.


Marco Viviani

Dimmi come va a finire è un libro molto interessante che consiglierei di leggere perché fa capire molte cose.

Tra la partenza e l’arrivo i minori incontrano i personaggi della loro storia: il Coyote è l’uomo a cui vengono affidati, senza il quale anche l’inizio del viaggio sarebbe impossibile; la Bestia è il treno merci che varca la frontiera, simile al demonio o a un vuoto che risucchia i piccoli passeggeri clandestini nelle proprie viscere di metallo; la ghiacciaia, così chiamata dall’acronimo dell’Immigration and Custom Enforcement (ICE) che la gestisce, altro non è che il centro di detenzione in cui i minori vengono trasferiti una volta entrati negli Stati Uniti, simile a un enorme frigorifero in cui si rincorrono raffiche d’aria fredda, quasi a voler evitare il rischio che la carne straniera possa andare a male troppo in fretta.

La scrittrice ha unito l’attività di traduzione in quella della scrittura e ha compiuto un lavoro che è andato ben oltre la lingua, arrivando a decifrare intere vite cercando di ricostruire i pezzi attingendo dal linguaggio semplice e disordinato dei bambini. Uno dei motivi più ricorrenti che inducono i minori a lasciare il paese d’origine è l’essere presi di mira dalla Mara Salvatrucha o dal Barrio 18, bande criminali che arruolano i ragazzi sotto minaccia di stuprare, altrimenti, le loro sorelle o cugine; diversamente, le ragazze non vengono assoldate a forza ma reclutate come fidanzate dei membri della gang o semplicemente molestate e violentate.


Francesca Tirinnanzi

Dimmi come va a finire è un pugno allo stomaco. Sono sincera nel dire che non conoscevo la situazione sull’immigrazione verso gli Stati Uniti. Valeria Luiselli traccia uno spaccato di società barbara e gli States, che vantano di essere una potenza mondiale, ne escono senza possibilità di assoluzione. Assoluzione da accuse quali disumanità ed inciviltà. Ho una mente che immagina quello che legge e ci sono, nel libro, dei momenti in cui avrei voluto pensare che fosse un horror fantasy. L’autrice è attenta nel non sfociare mai in troppi dettagli, espone in modo chiaro, fornendo dati e testimonianze, cercando di rendere il proprio coinvolgimento non centrale, ma parte dell’esposizione della situazione. Usa le quaranta domande del questionario come traccia per scrivere questo breve e triste libro. Infatti vengono posti questi quaranta quesiti ai bambini immigrati, prima di decidere se hanno diritto ad un avvocato che perori la loro causa per rimanere negli Stati Uniti. Quaranta domande per decidere se puoi cercare di costruirti un futuro. Quaranta domande che, se sei troppo piccolo o traumatizzato, lascerai senza risposta segnando il tuo destino. Quaranta domande scontate, futili, di cui nessuno ha bisogno ,poiché tutte le risposte sono già negli occhi di quei bambini.


Olimpia Machado Sales Grade

Non è un romanzo, non è un saggio, non saprei nemmeno descrivere cos’è esattamente… ed è questo il problema…

L’autrice mescola una gran quantità di numeri, nomi di associazioni americane, leggi o proposte di leggi, fatti e riflessioni personali, in modo disomogeneo, poco avvincente e anche piuttosto difficile per chi come me non conosce il sistema giudiziario, la politica e la situazione legislativa degli immigrati negli Stati Uniti.

Perché è ovvio che tutte le storie raccontate da questi ragazzi sono impressionanti e terribili e fanno sicuramente riflettere, ma il modo in cui vengono raccontate è poco chiaro e alla fine poco appassionante, nonostante che l’autrice descriva anche i propri stati d’animo durante questo suo percorso.

L’ho trovato un libro poco coinvolgente, confusionario e noioso, nonostante l’argomento che mi ha sempre interessato molto.

Nonostante l’autrice sia sicuramente una persona ammirevole perché ha svolto questo lavoro in maniera assolutamente volontaria, con grande impegno e cercando di rendere informato e consapevole di questa terribile situazione il maggior numero di persone (anche attraverso la pubblicazione di questo libro), non sono riuscita a sentirla vicina.

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